Il Vangelo di oggi ci conduce al cuore della rivelazione di Gesù: la sua identità divina. Di fronte all’incredulità dei Giudei, Gesù pronuncia parole che sconvolgono le certezze religiose del suo tempo: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno.” È una promessa che va oltre l’orizzonte umano, che parla di vita eterna, di una comunione con Dio che non ha fine. Ma chi può fare una simile affermazione, se non colui che viene da Dio?
I Giudei non riescono a comprendere. Ragionano secondo la logica del tempo e della morte, ricordando che Abramo e i profeti sono morti. Non riescono a vedere che Gesù non sta parlando della morte fisica, ma di quella spirituale, del distacco da Dio. Quando chiedono con tono polemico: “Chi credi di essere?”, Gesù risponde con parole che richiamano direttamente il nome di Dio rivelato a Mosè: “Prima che Abramo fosse, Io Sono.”
Questa dichiarazione è una rivelazione sconvolgente: Gesù non è solo un profeta, non è solo un maestro. Egli è il Figlio eterno del Padre, è Dio stesso presente nella storia. Non si glorifica da sé, ma riceve gloria dal Padre, colui che i Giudei credono di conoscere, ma che in realtà rifiutano proprio nel momento in cui si fa vicino. La reazione violenta – il tentativo di lapidarlo – mostra quanto il cuore umano possa rifiutare la verità quando essa si presenta in una forma che supera le attese.
Anche noi, a volte, rischiamo di non riconoscere Dio quando si manifesta nella nostra vita in modo inatteso. Ma Gesù ci invita a credere nella sua parola, ad accoglierla con fede, perché lì si trova la promessa della vita che non finisce. Non si tratta solo di credere che esiste, ma di entrare in relazione con Lui, il Vivente, colui che era, che è e che viene.