Il 19 aprile 1588 si spegneva a Venezia Paolo Veronese, all’anagrafe Paolo Caliari, uno dei più straordinari pittori del Rinascimento italiano. Nato a Verona nel 1528, da cui il soprannome “Veronese”, fu protagonista assoluto della pittura veneziana del Cinquecento, accanto a Tiziano e Tintoretto. Il suo stile è riconoscibile per l’uso sontuoso del colore, le scenografie grandiose e una ricchezza compositiva che affascina ancora oggi.
Le sue opere si distinguono per l’abilità nel rappresentare scene sacre e mitologiche in ambienti fastosi, con architetture classicheggianti e figure eleganti. Capolavori come “Le nozze di Cana”, oggi al Louvre, o “La cena in casa di Levi”, conservata alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dimostrano la sua straordinaria capacità di fondere spiritualità e teatralità in composizioni complesse e luminose.
Veronese fu anche protagonista di uno dei più curiosi episodi della storia dell’arte: nel 1573 fu convocato dal tribunale dell’Inquisizione per aver inserito, in una scena sacra, personaggi ritenuti troppo mondani, tra cui buffoni, servitori armati e animali esotici. L’artista difese la propria libertà creativa, e la tela – inizialmente dedicata all’Ultima Cena – venne semplicemente ribattezzata “Cena in casa di Levi”, evitando la censura.
Con la sua morte, Venezia perdeva non solo un pittore di straordinario talento, ma anche un innovatore della pittura religiosa e storica. La sua eredità visiva, fatta di luce, colore e grandiosità, avrebbe influenzato profondamente il barocco e oltre. Paolo Veronese resta uno dei più raffinati interpreti del Rinascimento italiano.