Nell’aprile del 2006, l’Italia visse una delle tornate elettorali più combattute della sua storia repubblicana. Con la legge elettorale proporzionale, ribattezzata “Porcellum” dal suo stesso ideatore, Roberto Calderoli, il Paese si recò alle urne per scegliere il nuovo Parlamento. Al termine dello scrutinio, la coalizione di centrosinistra guidata da Romano Prodi, l’Unione, riuscì ad avere la meglio sulla Casa delle Libertà di Silvio Berlusconi, ma con uno scarto ridottissimo.
Il risultato fu estremamente incerto fino all’ultimo. Alla Camera dei Deputati, grazie al premio di maggioranza nazionale previsto dalla nuova legge, l’Unione ottenne una maggioranza solida in termini di seggi, ma il vantaggio in termini di voti fu inferiore a 25.000 preferenze su circa 38 milioni di votanti. Al Senato, invece, dove il premio di maggioranza veniva assegnato su base regionale, la situazione risultò ancora più complessa, lasciando il centrosinistra con una maggioranza risicata e instabile.
Il centrodestra contestò i risultati e chiese la verifica dei voti, alimentando polemiche che durarono giorni. Tuttavia, dopo le verifiche della Corte di Cassazione, il risultato fu confermato e Romano Prodi ricevette il mandato per formare il nuovo governo. Il suo esecutivo, il secondo della sua carriera dopo quello del 1996-1998, nacque in un clima politico tesissimo, con il Parlamento spaccato e una maggioranza al Senato appesa al voto dei senatori a vita.
A pochi giorni dall’insediamento del nuovo governo, un altro passaggio istituzionale segnò la storia repubblicana: l’elezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica. Il 10 maggio 2006, Napolitano divenne il primo ex esponente del Partito Comunista Italiano a salire al Colle, grazie ai voti determinanti del centrosinistra. Uomo di grande esperienza istituzionale e stimato trasversalmente, avrebbe garantito equilibrio in una fase politica particolarmente delicata, restando in carica fino al 2013 e diventando, successivamente, il primo Presidente rieletto nella storia della Repubblica.
L’avvio del governo Prodi II fu segnato da forti pressioni interne alla coalizione, composta da partiti molto eterogenei: dai centristi della Margherita alla sinistra radicale di Rifondazione Comunista. Nonostante l’ambizione di rilanciare il dialogo europeo e la stabilità economica, la fragilità parlamentare e le tensioni interne ne minarono fin da subito l’efficacia. Il governo cadde meno di due anni dopo, nel gennaio 2008, aprendo la strada a nuove elezioni.